WORKS


Perseidi

Galleria De Crescenzo e Viesti  2018

PERSEIDI o della luce degli Eroi
Con Perseidi, che rimanda al fenomeno dello sciame meteorico che la terra si trova ad attraversare durante il periodo estivo, altrimenti detto Lacrime di San Lorenzo, ho immaginato una prodigiosa fusione tra i nomi mitici degli eroi nella narrazione virgiliana e le mie Bocche di rose, quasi tracce di lacrime cristallizzate. Fusione prodigiosa di mito e tensione poetica per un allestimento di rose come corpi esposti e sempre vulnerabili: nomi disegnati e quadri di memoria come opera del presente, perché il tempo della vita non sia solo un tempo vissuto, ma pensato, e nello specchio di questa azione vedere noi stessi. Questo è il mio corpo, vogliono dirci i nomi/rose dal bianco della pagina. Corpi che hanno camminato su questa terra, occhi che hanno ammirato i suoi fiori: tutti istanti che si aprono dal di dentro su un’altra dimensione del tempo. Così in Proust: nel ricordo, la distanza è una modalità della presenza, e la presenza è un momento di verità sulle cose. Ogni ritorno è una deriva, un dono del mare o della terra, e sempre atto di fondazione: così i profughi, Enea e il suo popolo, sono destinati al suolo d’approdo, il Sacro suolo, dove far morire il passato e ricominciare la vita. L’eroe è tra i morti da sempre, e la nostalgia è la ferita aperta: l’occhio da cui emana la luce rivelatrice di patrie inattese, il paesaggio ricomposto dall’accensione di una nuova vista. La sua pupilla dilatata, tanto da abbracciare tutto o il suo venir meno in un esercizio di infinito presente. Essa ritaglia la superficie e la separa dallo spazio profano, la purifica. Una sorta di seconda luce che può aiutarci a comprendere chi siamo in presenza di una misura accolta – in una parola: di una bellezza –non quando non c’è più nulla da aggiungere, ma quando non c’è nulla da togliere. Giuseppe Salvatori

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Perseidi

De Crescenzo e Viesti  – 2018

PERSEIDI o della luce degli Eroi.
Con Perseidi, che rimanda al fenomeno dello sciame meteorico che la terra si trova ad attraversare durante il periodo estivo, altrimenti detto Lacrime di San Lorenzo, ho immaginato una prodigiosa fusione tra i nomi mitici degli eroi nella narrazione virgiliana e le mie Bocche di rose, quasi tracce di lacrime cristallizzate. Fusione prodigiosa di mito e tensione poetica per un allestimento di rose come corpi esposti e sempre vulnerabili: nomi disegnati e quadri di memoria come opera del presente, perché il tempo della vita non sia solo un tempo vissuto, ma pensato, e nello specchio di questa azione vedere noi stessi. Questo è il mio corpo, vogliono dirci i nomi/rose dal bianco della pagina. Corpi che hanno camminato su questa terra, occhi che hanno ammirato i suoi fiori: tutti istanti che si aprono dal di dentro su un’altra dimensione del tempo. Così in Proust: nel ricordo, la distanza è una modalità della presenza, e la presenza è un momento di verità sulle cose. Ogni ritorno è una deriva, un dono del mare o della terra, e sempre atto di fondazione: così i profughi, Enea e il suo popolo, sono destinati al suolo d’approdo, il Sacro suolo, dove far morire il passato e ricominciare la vita. L’eroe è tra i morti da sempre, e la nostalgia è la ferita aperta: l’occhio da cui emana la luce rivelatrice di patrie inattese, il paesaggio ricomposto dall’accensione di una nuova vista. La sua pupilla dilatata, tanto da abbracciare tutto o il suo venir meno in un esercizio di infinito presente. Essa ritaglia la superficie e la separa dallo spazio profano, la purifica. Una sorta di seconda luce che può aiutarci a comprendere chi siamo in presenza di una misura accolta – in una parola: di una bellezza –non quando non c’è più nulla da aggiungere, ma quando non c’è nulla da togliere. Giuseppe Salvatori